Nuova intervista su Rap e linguaggio nel libro IN TRAPPOLA – (Il Sole 24 ore)

È uscita una mia nuova intervista in cui parlo di Rap e linguaggio all’interno del libro “In Trappola”, a cura di Chiara Di Cristofaro, Livia Zancaner e Simona Rossitto, edito da Il Sole 24 ORE.

«Nella mia sfortuna sono stato fortunato – racconta – sono cresciuto con una certa sensibilità, facevo ascoltare le canzoni a mia madre, che era il mio punto di riferimento. La vedevo andare in carcere a trovare mio padre, vedevo la sofferenza. Come è possibile glorificare la vita di strada? Io non l’ho mai fatto, perché l’ho vissuta. All’inizio, quando ho cominciato a fare rap, ero uno spaccone. Poi sono entrato a Rebibbia per un concerto e sono affiorati i ricordi. Da lì, per me la musica è diventata terapia. Usare un linguaggio violento, misogino e sessista solo perché considerato “da rapper” è molto pericoloso ed è uno stereotipo: come pensare che per creare musica rap sia obbligatorio indossare catene d’oro. È banale, si può fare rap in un altro modo, senza copiare, spiega Issaa. Anche perché non pochi rapper in Italia «vengono da contesti borghesi: potrebbero usare un altro linguaggio che appartiene alla società in cui stanno vivendo e devono rappresentare, abbandonando i soliti cliché: soldi, armi, donne, moda. Questo è il mio messaggio per le nuove generazioni».

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NON DATE LA COLPA ALLE PAROLE DEL RAP / Nuovo articolo su “Il sole 24 ore”

Ph: Ciro Nuzzi

Sull’inserto domenicale de Il Sole 24 ORE è uscito un mio articolo in cui parlo del rap e del suo potere comunicativo e sociale. Ringrazio di cuore Cristina Battocletti tutta la redazione per questa opportunità.

Ecco un breve estratto:

«L’approccio dei rapper dei primi anni Novanta era molto diverso da quello che c’è oggi: basta confrontare i testi di gruppi come Assalti Frontali, Lou X, Sangue Misto, con quelli di rapper come Sfera Ebbasta, Baby Gang, Geolier o Lazza, per rendercene conto. Il cambiamento, però, non riguarda il fatto che questi ultimi non parlano più dei problemi sociali: è solo cambiato il modo di raccontarli.

Per comprendere al meglio questo discorso dobbiamo tenere a mente due fatti: da un lato, il rap in Italia da movimento underground, di nicchia, è diventato un fenomeno popolare, di massa, utilizzato da categorie di persone un tempo lontane da questo genere musicale; dall’altro, il rap è, ed è sempre stato, lo specchio della società. I testi delle canzoni contemporanee, spesso intrisi di messaggi in cui la glorificazione del potere e del successo economico è ai massimi livelli, quindi, sono il riflesso dei modelli che vengono proposti dalla società in cui stiamo vivendo.»

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